24-04-2016 10:10

Iplom/Intervento biologo

Il biologo: «Situazione non gravissima»

«Il mare di Genova è un po’ sfortunato, ma l’incidente che in questa settimana ha portato nelle acque marine circa il 10% delle 500 tonnellate di greggio sversate dopo la rottura dell’oleodotto genovese, per fortuna non è enorme come quello dovuto all’affondamento della petroliera Haven 1991 o al petrolio dell’Agip Abruzzo portato da Livorno sulle coste liguri sempre lo stesso anno. L’importante per la fauna marina è però che si contenga la situazione e che non si usino additivi e solventi chimici che si sono spesso dimostrati un rimedio peggiore del male». È quanto ha detto Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Anton Dorn di Napoli e docente di biologia marina dell’ Università Politecnica delle Marche. «Al momento - aggiunge Danovaro - i problemi sembrerebbero essere soprattutto per le comunità dei fondali che rischiano di essere soffocate dal petrolio che finisce per posarsi sul fondo. L’impatto del greggio fuoriuscito finora non è gravissimo perché ha colpito una zona che di per sé non è di particolare pregio ambientale ed è già penalizzata dalla prossimità delle aree industriali. Tutto fa pensare che non ci siano pericoli per le zone limitrofe o le aree protette liguri. Come misura precauzionale nella zona interessata e in quelle limitrofe andrebbe sospesa in questi giorni qualsiasi attività di pesca».

Secondo il biologo marino, lo scenario potrebbe però peggiorare se continuassero gli sversamenti a mare e «se si usassero contro il petrolio solventi chimici, soprattutto in presenza di un tipo di greggio più leggero e raffinato che tende a disperdersi più facilmente invece che finire sul fondo, come succede per il “bunker” più catramoso». Sul petrolio finito a mare nei giorni scorsi intanto stanno già operando un rimorchiatore d’altura fornito di dotazioni antinquinamento e altri sei battelli disinquinanti, mentre sono in arrivo le due navi anti-inquinamento inviate dal Ministero dell’Ambiente e tutti utilizzano sistemi di “raccolta” del greggio, separandolo dall’acqua marina. «Si tratta sicuramente del sistema migliore dal punto di vista ambientale, insieme con l’utilizzo dei cosiddetti batteri mangia-petrolio», aggiunge il biologo marino, secondo cui il sole gioca comunque un ruolo importante ossidando gli idrocarburi e trasformandoli in CO2. «Ovviamente tutto dipende anche dalla quantità di petrolio che si trova in mare».


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